Quale assistenza per gli anziani non autosufficienti

13 Maggio 2021
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I rilevamenti statistici sui decessi da Covid-19 indicano chiaramente gli anziani non autosufficienti come la categoria più fragile e più colpita dal virus.
La pandemìa ha posto quindi un serio problema di ripensamento dei servizi pubblici destinati all'assistenza di questi soggetti, in particolare quelli di tipo residenziale che hanno fatto registrare tra i loro ospiti un numero di decessi davvero inquietante. è perciò opportuno comprendere il funzionamento e l'assetto organizzativo di queste strutture.

Le RSA
Le Residenze Sanitarie Assistenziali sono strutture socio-sanitarie dedicate ad anziani che necessitano di assistenza medica, infermieristica e riabilitativa, sia essa generica o specializzata.
Spesso confuse con le Case di Riposo che invece accolgono ospiti in tutto o in parte autosufficienti e sono caratterizzate da un forte elemento di socialità, essendo previste attività ludiche, ricreative o culturali come gruppi di lettura, balli, gite e giochi. In tali strutture, pertanto, non è necessario un presidio medico h 24, bastando la sola presenza del personale infermieristico.
Al contrario, nelle RSA, in considerazione della non autosufficienza degli ospiti, deve essere garantita una costante presenza medica ed infermieristica, oltre che un aiuto continuativo per garantire lo svolgimento delle attività quotidiane, in primo luogo la cura e l’igiene dei residenti.
Senonchè, negli ultimi anni la composizione del personale ha subito importanti e significative variazioni. Malgrado, infatti, la crescente necessità di incrementare i trattamenti intensivi (quelli che servono a supportare le funzioni vitali) si è assistito ad una sensibile diminuzione dei medici, compensata da un corrispondente aumento delle maestranze adibite alla cura delle persone (OSS e ASA), mentre il numero degli infermieri è rimasto sostanzialmente invariato. Quindi, ad una maggiore esigenza di sanitarizzazione delle strutture, ha fatto riscontro una minore presenza di personale medico qualificato.
Non solo, tale dequalificazione professionale si è accompagnata ad una progressiva privatizzazione verso strutture operanti in regime di convenzione con il SSN che, gestite molto spesso sotto forma di cooperative e cooperative sociali, applicano naturalmente contratti di lavoro meno onerosi di quelli pubblici. Eppure, i considerevoli tagli al costo del lavoro operati negli ultimi anni si sono rivelati del tutto insufficienti a risolvere i seri problemi di sostenibilità finanziaria nel frattempo insorti.
L’aumento, infatti, dell’utenza con forti bisogni assistenziali e delle conseguenti prestazioni sanitarie ha determinato una sensibile lievitazione dei costi, peraltro coincisa con un sempre minor apporto di finanziamenti pubblici. Strette in questa morsa, molte RSA hanno dovuto razionare le spese attraverso il rincaro delle tariffe, l’accennata riduzione del personale medico, nonchè la rinuncia ad investire in attrezzature, mezzi e dispositivi di sicurezza. A farci caso, le condizioni strutturali di un possibile disastro.

L’assistenza domiciliare integrata
I tragici accadimenti delle RSA lombarde hanno convinto la classe di governo e l’opinione pubblica che una maggiore presenza di welfare pubblico avrebbe consentito un miglior contrasto al Covid 19, aiutando a contenerne la diffusione.
Infatti il “Decreto Rilancio” ha introdotto un cospicuo finanziamento destinato all’assistenza domiciliare integrata (ADI).
Consiste in un insieme di prestazioni socio-sanitarie fornite presso l’abitazione del paziente da diversi professionisti del settore (medici, infermieri, fisioterapisti, farmacisti, ecc.), con l’obiettivo di evitare, per quanto possibile, il ricovero in ospedale o la collocazione in una struttura residenziale.
è una soluzione che presenta per l’anziano un duplice vantaggio: uno di tipo economico volto a ridurre i costi; un altro di ordine psicologico, teso ad impedire il trauma di lasciare la propria dimora abituale.
Posto dunque che l’ADI potrebbe essere il modello da seguire negli anni a venire, l’intervento finanziario a suo favore, contenuto nel Decreto Rilancio, ha tuttavia mostrato un limite evidente nell’assenza di strutturalità e di progettualità, forse perchè legato alla emotività del momento. Di conseguenza, quel fondo che sembrava un promettente passo verso un percorso riformatore, è rimasto un finanziamento una tantum senza futuro.
è necessario, invece, un piano di investimenti straordinario nella domiciliarità che accompagni una riforma del settore, caratterizzata non solo da interventi di natura medico-infermieristica, ma anche di aiuto alle attività fondamentali della vita quotidiana, attuando così una strategia globale di intervento a favore di soggetti così deboli e bisognosi.

I rilevamenti statistici sui decessi da Covid-19 indicano chiaramente gli anziani non autosufficienti come la categoria più fragile e più colpita dal virus. La pandemìa ha posto quindi un serio problema di ripensamento dei servizi pubblici destinati all'assistenza di questi soggetti, in particolare quelli di tipo residenziale che hanno fatto registrare tra i loro ospiti un numero di decessi davvero inquietante. è perciò opportuno comprendere il funzionamento e l'assetto organizzativo di queste strutture.
Le RSALe Residenze Sanitarie Assistenziali sono strutture socio-sanitarie dedicate ad anziani che necessitano di assistenza medica, infermieristica e riabilitativa, sia essa generica o specializzata.Spesso confuse con le Case di Riposo che invece accolgono ospiti in tutto o in parte autosufficienti e sono caratterizzate da un forte elemento di socialità, essendo previste attività ludiche, ricreative o culturali come gruppi di lettura, balli, gite e giochi. In tali strutture, pertanto, non è necessario un presidio medico h 24, bastando la sola presenza del personale infermieristico.Al contrario, nelle RSA, in considerazione della non autosufficienza degli ospiti, deve essere garantita una costante presenza medica ed infermieristica, oltre che un aiuto continuativo per garantire lo svolgimento delle attività quotidiane, in primo luogo la cura e l’igiene dei residenti.Senonchè, negli ultimi anni la composizione del personale ha subito importanti e significative variazioni. Malgrado, infatti, la crescente necessità di incrementare i trattamenti intensivi (quelli che servono a supportare le funzioni vitali) si è assistito ad una sensibile diminuzione dei medici, compensata da un corrispondente aumento delle maestranze adibite alla cura delle persone (OSS e ASA), mentre il numero degli infermieri è rimasto sostanzialmente invariato. Quindi, ad una maggiore esigenza di sanitarizzazione delle strutture, ha fatto riscontro una minore presenza di personale medico qualificato.Non solo, tale dequalificazione professionale si è accompagnata ad una progressiva privatizzazione verso strutture operanti in regime di convenzione con il SSN che, gestite molto spesso sotto forma di cooperative e cooperative sociali, applicano naturalmente contratti di lavoro meno onerosi di quelli pubblici. Eppure, i considerevoli tagli al costo del lavoro operati negli ultimi anni si sono rivelati del tutto insufficienti a risolvere i seri problemi di sostenibilità finanziaria nel frattempo insorti.L’aumento, infatti, dell’utenza con forti bisogni assistenziali e delle conseguenti prestazioni sanitarie ha determinato una sensibile lievitazione dei costi, peraltro coincisa con un sempre minor apporto di finanziamenti pubblici. Strette in questa morsa, molte RSA hanno dovuto razionare le spese attraverso il rincaro delle tariffe, l’accennata riduzione del personale medico, nonchè la rinuncia ad investire in attrezzature, mezzi e dispositivi di sicurezza. A farci caso, le condizioni strutturali di un possibile disastro.L’assistenza domiciliare integrata
I tragici accadimenti delle RSA lombarde hanno convinto la classe di governo e l’opinione pubblica che una maggiore presenza di welfare pubblico avrebbe consentito un miglior contrasto al Covid 19, aiutando a contenerne la diffusione.
Infatti il “Decreto Rilancio” ha introdotto un cospicuo finanziamento destinato all’assistenza domiciliare integrata (ADI).
Consiste in un insieme di prestazioni socio-sanitarie fornite presso l’abitazione del paziente da diversi professionisti del settore (medici, infermieri, fisioterapisti, farmacisti, ecc.), con l’obiettivo di evitare, per quanto possibile, il ricovero in ospedale o la collocazione in una struttura residenziale.
è una soluzione che presenta per l’anziano un duplice vantaggio: uno di tipo economico volto a ridurre i costi; un altro di ordine psicologico, teso ad impedire il trauma di lasciare la propria dimora abituale.
Posto dunque che l’ADI potrebbe essere il modello da seguire negli anni a venire, l’intervento finanziario a suo favore, contenuto nel Decreto Rilancio, ha tuttavia mostrato un limite evidente nell’assenza di strutturalità e di progettualità, forse perchè legato alla emotività del momento. Di conseguenza, quel fondo che sembrava un promettente passo verso un percorso riformatore, è rimasto un finanziamento una tantum senza futuro.
è necessario, invece, un piano di investimenti straordinario nella domiciliarità che accompagni una riforma del settore, caratterizzata non solo da interventi di natura medico-infermieristica, ma anche di aiuto alle attività fondamentali della vita quotidiana, attuando così una strategia globale di intervento a favore di soggetti così deboli e bisognosi.

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