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Congedo di maternità per lavoratrici dipendenti

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Il congedo di maternità è il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza.

Il congedo di maternità è previsto anche in caso di adozione, affidamento preadottivo nazionale e internazionale e in caso di affidamento non preadottivo.

Il congedo di maternità spetta a:

  • lavoratrici dipendenti assicurate all'INPS anche per la maternità (apprendiste, operaie, impiegate, dirigenti) con un rapporto di lavoro in corso all'inizio del congedo;
  • disoccupate o sospese, il congedo di maternità deve iniziare entro 60 giorni dall'ultimo giorno di lavoro. Se sussiste il diritto all'indennità di disoccupazione, alla mobilità o alla cassa integrazione, il congedo può iniziare oltre i 60 giorni;
  • lavoratrici agricole a tempo indeterminato o determinato che, nell'anno di inizio del congedo, siano in possesso della qualità di bracciante con iscrizione negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giornate di lavoro agricolo (articolo 63 del TU);
  • lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti). Sono richiesti 26 contributi settimanali nell'anno precedente l'inizio del congedo di maternità oppure 52 contributi settimanali nei due anni precedenti l'inizio del congedo (articolo 62 del TU). In presenza di questo requisito contributivo, l’indennità di maternità spetta indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di lavoro in atto;
  • lavoratrici a domicilio (articolo 61 del TU);
  • lavoratrici LSU o APU (attività socialmente utili o di pubblica utilità dell'articolo 65 del TU).

La legge prevede poi l’obbligo di astensione dal lavoro per la lavoratrice da due mesi prima la data presunta del parto, sino a tre mesi dopo.

La legge n.53 del 2000 ha introdotto nel nostro ordinamento il “congedo di maternità flessibile”, ovvero la possibilità per la lavoratrice di continuare a svolgere l’attività lavorativa anche durante l’ottavo mese di gravidanza, con conseguente fruizione del congedo per un solo mese ante partum e per i residui quattro mesi post partum.

La Legge di Bilancio 2019 ha ulteriormente esteso questa flessibilità, ammettendo di fatto lo svolgimento dell’attività lavorativa anche durante il nono mese della gravidanza e la fruizione dell’intero congedo (cinque mesi) nel periodo successivo al parto.

Secondo quanto previsto dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, per l'adozione o l'affidamento preadottivo nazionale di minore il congedo di maternità spetta per cinque mesi a partire dall'ingresso in famiglia del minore adottato o affidato.

Per le adozioni o gli affidamenti preadottivi internazionali, il congedo spetta per cinque mesi a partire dall'ingresso in Italia del minore adottato o affidato. Il periodo di congedo può essere fruito anche parzialmente prima dell'ingresso in Italia del minore.

Il congedo può essere fruito anche parzialmente o in modalità frazionata, ma non oltre i cinque mesi dall’ingresso in famiglia o in Italia del minore.

In caso di affidamento non preadottivo, il congedo spetta alle lavoratrici e ai lavoratori per tre mesi, da fruire, anche frazionatamente, entro i cinque mesi successivi all'affidamento del minore.

Qualora sussistano determinate condizioni è prevista l’interdizione anticipata, cioè la possibilità di astenersi dal lavoro prima dell’inizio del congedo obbligatorio (prima dei due mesi):

  • in caso di gravidanza a rischio certificata dell'Azienda Sanitaria Locale;
  • quando le mansioni lavorative sono incompatibili con la gravidanza certificata da un provvedimento rilasciato dell’ispettorato del lavoro.

In caso di parto gemellare, la durata del congedo di maternità non varia.

In caso di interruzione di gravidanza dopo 180 giorni dall'inizio della gestazione o di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, la lavoratrice può astenersi dal lavoro per l'intero periodo di congedo di maternità, tranne se rinuncia alla facoltà di fruire del congedo di maternità (articolo 16, comma 1 bis del TU, modificato dal decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119).

L’astensione obbligatoria può essere prorogata fino a 7 mesi dopo il parto quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino (ad esempio per lavori particolarmente pericolosi, faticosi o insalubri) e la lavoratrice non possa essere adibita ad altre mansioni. Queste situazioni devono essere certificate da un provvedimento dell’ispettorato del lavoro.

Durante i periodi di congedo di maternità (o paternità alternativo) la lavoratrice (o il lavoratore) ha diritto a percepire un'indennità pari all'80% della retribuzione media globale giornaliera calcolata sulla base dell'ultimo periodo di paga precedente l'inizio del congedo di maternità o paternità alternativo, quindi, solitamente, l'ultimo mese di lavoro precedente il mese di inizio del congedo (articoli 22 e seguenti del TU).

L'indennità è anticipata in busta paga dal datore di lavoro, è, invece, pagata direttamente dall'INPS con bonifico postale o accredito su conto corrente bancario o postale a:

  • lavoratrici stagionali;
  • operaie agricole (salva la facoltà di anticipazione dell'indennità, da parte del datore di lavoro, in favore delle operaie agricole a tempo indeterminato);
  • lavoratrici dello spettacolo saltuarie o a termine (circolare INPS 10 dicembre 2021, n.182);
  • lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti);
  • lavoratrici disoccupate o sospese.

Il diritto all'indennità si prescrive entro un anno e decorre dal giorno successivo alla fine del congedo di maternità (o paternità alternativo). Per evitare la perdita del diritto è necessario che la lavoratrice o il lavoratore presentino all'INPS (prima dello scadere dell'anno) istanze scritte di data certa, dirette a ottenere il pagamento della indennità.

La domanda va inoltrata prima dei due mesi che precedono la data prevista del parto e comunque mai oltre un anno dalla fine del periodo indennizzabile, pena la prescrizione del diritto all'indennità.

La lavoratrice è tenuta a comunicare la data di nascita del figlio e le relative generalità entro 30 giorni dal parto.

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